Sabato pomeriggio, mentre gustiamo due mono porzioni di cheescake crudiste avanzate dalla cena di ieri sera, io e mia moglie discutiamo di futilità sanremesi. Lei non l’ha mai seguito, a parte qualche volta insieme. Per me è difficile spiegare che invece, è quasi una cosa genetica. Ho dei ricordi, per la maggior parte tristi, legati alle serate festivaliere quando io e i miei genitori, persi nella scontentezza e nell’apatia, guardavamo la vita nello schermo in bianco e nero.
1972, Marcella, Montagne verdi. La canticchiavo guardando fuori dal finestrino della Freccia del sud, nell’interminabile viaggio che Catania a Casole D’elsa. Ero con mia madre e andavamo a trovare mia sorella. Da poco, per lavoro, si era trasferita nella provincia di Siena. Poi dalla Toscana andammo a Padova a trovare dei parenti. Ritornai con ricordi mesti: giorni umidi e piovosi, noia, viaggio estenuante.
1973, avevo sette anni: Roberto Vecchioni con singulti vocali canta L’uomo che si gioca il cielo a dadi.
1977, Donatella Rettore giovane e senza le labbra a gommone di oggi, ma con gli immancabili lustrini in viso, si presenta sul palco con un cestino di caramelle per cantare Oh Carmela. La strofa: Carmela regalava caramelle colorate, ma erano caramelle avvelenate, mi rimase in testa, ancor prima di Splendido splendente, come sono affascinante faccio cerchi con la mente. Ricordo anche i Matia Bazar, con Ma perché, vinsero l’anno dopo con …e dirsi ciao, insieme a Rino Gaetano (Gianna) e Anna Oxa (Un’emozione da poco).
1979, la faccia a fumetto di Enzo Carella e le ballerine sandwich di Barbara. Dopo il successo di Gianna, cominciano a partecipare testi canzonatori, quell’anno ce ne sono tre: Tu fai schifo sempre, Sarà un fiore e A me mi piace vivere alla grande.
1980, i Decibel e gli occhiali di Ruggieri (Contessa), la conduzione di Benigni, la vittoria di Cutugno.
1981, Alice, Per Elisa, mi è sempre piaciuta sin dal primo ascolto. Fu l’anno sanremese di Ancora, Roma spogliata,Sarà perché ti amo, mentre nel mondo imperversava Guilty di Barbra Streisand, Making Movies dei Dire Straits, Johnny & Mary di Robert Palmer.
1982, Sette fili di canapa e la partecipazione di Lene Lovich con Blue Hotel. Ma la canzone che, nel bene e nel male, resterà immortale di quell’anno è Felicità.
1983, Sibilla, Oppio, scartata subito. Sarà l’anno della nuova ondata dei Matia Bazar vestiti da Valentino (Vacanze Romane) che produrranno quattro album innovativi: Tango, Aristocratica, Melancholia, Melò.
Esplorare ancora nei ricordi non ha senso.
In silenzio gustiamo gli ultimi cucchiaini del dolce.
Mi chiedo perché l’ho sempre guardato. La risposta? Per uniformarmi, per sentirmi come gli altri. Un’occasione per tornare a percepire gli echi della malinconia adolescenziale, di quando guardavo il festival con i miei. Dopo quegli anni per inerzia ho continuato.
Mi chiedo perché l’ho sempre guardato. La risposta? Per uniformarmi, per sentirmi come gli altri. Un’occasione per tornare a percepire gli echi della malinconia adolescenziale, di quando guardavo il festival con i miei. Dopo quegli anni per inerzia ho continuato.
In questo periodo storico in cui mi sento parte di una minoranza additata, cerco di non farmi avvinghiare da ciò che propone la dirigenza governativa, quindi, dopo tanti anni e con poco entusiasmo, l’ho visto pochissimo. La prima sera ho beccato Fiorello che faceva sempre le solite cose, mi ha nauseato. Durante la settimana ho visto e ascoltato qualche brano: echi di già sentito. Noia nel sentire Achille Lauro che scimmiotta e cammina come Anna Oxa, però lei cantava, lui non proprio. Rettore vestita come ai tempi di Kamikaze rock’ n’roll suicide, Morandi che canta Morandi, le camicie trasparenti, per far vedere i tatuaggi e i pettorali scolpiti, sono tamarre come le magliette a rete di anni addietro. Nelle sere sanremesi ho preferito intrattenermi a leggere Cioran e Thich Nhat Hahn. Sì, lo so, qualcuno pensa a un atteggiamento schifiltoso, pazienza!
La libertà è per me il diritto di essere eretico. Io non potrei vivere in uno Stato in cui vige una filosofia ufficiale; perché per temperamento sono un eretico, addirittura un apostata. La libertà rappresenta a mio avviso la possibilità non solo di pensare diversamente rispetto agli altri, ma di vivere le proprie contraddizioni, con disinvoltura. Dove non c’è libertà, bisogna occultare le proprie intime contraddizioni e ciò non è un bene per l’equilibrio di una persona. Se preferisce, la libertà è per me, semplicemente, l’unica forma di salute. L’essere umano è profondamente solo. La verità è là e tutto il resto è menzogna, ma una menzogna che tutti praticano, io compreso.
(Cioran intervistato da Ben Ami Fihman)
