Vent’anni fa su Rockstar, avevo letto la recensione, fatta probabilmente da Enrico Sisti o Giampiero Vigorito, di Opiate di un duo sconosciuto, gli Enywhen. Ne parlavano come un capolavoro e paragonavano la loro musica a quella di artisti che io seguivo, primo fra tutti David Sylvian. Così mi misi a caccia del CD, ma nei negozi di musica che bazzicavo non ne sapevano niente.
Non esisteva Youtube e quindi dovevo accontentarmi di frammenti di 20 – 30 secondi di Siren song, la traccia che apriva l’album, la trovavo bellissima, così la brama di possesso iniziava a impossessarsi della mia mente e quel titolo andò a collocarsi accanto agli altri oscuri oggetti musicali del desiderio. Mesi dopo andai per la prima volta a Londra, il regno della musica che amavo. Nei pochi giorni a disposizione riuscì ad entrare solo in un negozio di musica, me lo trovai difronte, un megastore a più piani. Quando entrai rimasi deluso nel vedere le gigantografie di cartone di Filippa Giordano, Bocelli e Pavarotti che troneggiavano tra il primo e il secondo piano. Davanti a tanta scelta non sapevo cosa cercare, guardavo e cercavo di scavare nella mente per trovare il nome di qualcosa che di sicuro non avrei trovato a Firenze. Improvviso un flash: Enywhen – Opiate, ne trovai una copia, il prezzo era superiore alle aspettative, ma lo presi, sperando di non aver preso una fregatura. Non la presi.
È stato un compact che ho sentito tante e tante volte, le atmosfere scure e la voce baritonale di Thomas Feiner creavano l’humus adatto in cui far attecchire i pensieri. Avevo provato a carpire informazioni dal booklet, ma tra la mia scarsa conoscenza dell’inglese e i caratteri che imitavano la scrittura a mano non riuscivo a chiapparci nulla, un po’ come nel primo album dei Tindersticks. Gli Anywhen non hanno dato seguito e Thomas Feiner mente del progetto ha continuato in modo molto parco a produrre musica.
Adesso per festeggiare il ventennale è uscita l’edizione, The Opiates revisited, limitata ed espansa ed ovviamente ho ripreso a risentirlo su Spotify anche per conoscere i brani che non erano stati inclusi nell’edizione originale.
Lo sto ascoltando mentre organizzo mente e ingredienti per la cena di stasera: abbiamo ospiti!
Gli archi inquieti di Siren Song esplodono anche se coperti dal rombo del Bimby che riduce gli anacardi in farina
On the last day of summer the clouds are white
And I’m sitting by the lake
And she’s singing my name, she’s beckoning me
If I just lose myself for now
For one day
I want to drown in her precious arms
I want to listen to the siren songs
She got me down into the water
And she got me holding on
And she’s floating oh so peacefully
As I’m watching from below
In the bluest water I ever saw
The palest body to be striped
By the sun
Nonostante il rumore, pure adesso, il ritmo dell’arrangiamento mi fa pensare alle onde che s’infrangono su una spiaggia invernale del nord. Almanacco e controllo che zucchero, latte di mandorla, burro di cacao si stiano impastando nel Bimby.
The rain collector uno dei brani che ho scoperto con questa riedizione mi accompagna mentre riempio lo stampo dei tartufi.
Adesso che ci penso, alcuni anni dopo uscì una versione chiamata Opiate – Revised per conto della SamadhiSound di David Sylvian che, quando era uscita la prima versione, ne era rimasto affascinato. Stavolta in copertina c’era una foto di Jean Cocteau scattata da Cecil Beaton e l’album conteneva due brani in più.
Ho ancora tempo prima preparare la cena, così faccio una cosa che nel 2001 era molto complicata: cerco notizie in rete. Scopro che gli Enywhen (gruppo svedese di Göteborg) si è sciolto mentre, in un seminterrato, registravano The opiate, il loro terzo album. Rimase solo Thomas Feiner che preferì completare il lavoro nel suo studio di grafico. Così di giorno lavorava e dormiva, mentre la notte, con l’ufficio vuoto, suonava e incideva. Quando si recò a Varsavia per incidere le parti orchestrali con l’Orchestra sinfonica della Radio di Varsavia era in pieno crollo nervoso, anche se a livello d’ispirazione musicale, lo ricorda come dei momenti più belli.
È l’ora di mettermi in moto
Here’s to burning bridges
Here’s to the leap in the dark
I’m still running, still waiting
For this life to fall apart
Where’s the high?
Where’s the high?
I forgot what had me going
And where to go
Where’s the high?
Where’s the high?
Only cages, where the spaces used to be
Visto che siamo in periodo festivo ho deciso di preparare qualcosa che non faccio da un po’ di tempo: riso con melagrana e zafferano, ingredienti simboli di buon buon auspicio, ricchezza, sensualità e fecondità. E poi la melagrana per la dietetica tibetana aumenta il calore digestivo.
Inizio con calma a schiccare la melagrana, i fiati di Toy mi danno levità, mi ricordano un brano dei Tindersticks, non avevo mai fatto caso a queste assonanze tra i due gruppi.
Terminata la schiccatura meditativa, metto a cuocere il riso Thay, mantenendo sempre il rapporto 1 parte di riso e due di acqua.
Mesmerene incalza e nella padella scaldo un po’ d’olio con zenzero in polvere, noce moscata, cardamomo, assafetida e cumino, poi battuto, porri e broccoli a cimette. Un po’ di sale e copro.
Su un altro fornello invece, cuocio della lenticchia rossa decorticata.
Il riso e a metà cottura, aggiungo lo zafferano.
In ricordo delle pietanze che si facevano quando ero bambino e visto che una degli ospiti è siciliana come me, nei broccoli metto uva passa e gelsi, una suggestione dei ‘rocculi affucati.
Il riso è cotto, unisco i chicchi di melagrana. È il momento del succo di limone, lo incorporo nel riso così i chicchi mantengono il colore e pure nei broccoli per favorire l’assunzione del ferro che contengono.
Make the fences high
Make the blinds go down on the world outside
Maybe the day will come when you wake up not feeling anything
No more tears and no more pain
Take your bleeding heart, wear it on your sleeve
All that numbs you
Stare into the sun, the blind relief
All that numbs you
As the years roll into one, only numbers change
The world revolving around your spinning head
Estraggo i tartufi e li decoro.

Tutto è pronto.
Preparo i piatti. Sul riso aggiungo altri chicchi di melagrana e delle lamelle di mandorla un simbolo di chi è alla ricerca della verità.
Ricomincia Siren Songs, ma è il momento di spegnere e sedersi a tavola.

Che cena deliziosa, dalle pietanze alla compagnia di amici sinceri, nuovi e antichi. Il sapore del riso si è fuso alla perfezione con quello dei broccoli, delle lenticchie e della melagrana. I dolci, poi, hanno consacrato Giuseppe a re assoluto della cheesecake cruda di lamponi (e dei tartufi di cioccolato e cocco!)
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Bravo, Giuseppe.
Scrivere di musica e cucina racconta di te: delle tue passioni e delle tue abilità.
Pietanze ottime per una bella serata: una parentesi piacevolmente serena, in periodo pesante.
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